Crotone –Negra ma bella sei tu la stella del nostro mare, sei tu la stella del nostro cuor”. È il canto mariano di antica devozione crotonese (1928) che accompagna la discesa, ogni 30 aprile, del quadro della Madonna di Capocolonna dalla cappella dove è custodita durante l’anno e che nel corso del mese di Maggio guarda la città di Crotone dalla navata centrale della Basilica Cattedrale.

Rivolge il suo sguardo alla città e Crotone guarda lei, con occhi devoti. Il primo giugno del  1519 viene ricordato come l’anno del Miracolo. Don Bernardino Mongelluzzi, nel libro dedicato alla storia della Madonna di Capocolonna, scrive che i contadini di quel borgo rurale non riuscirono a mettere in salvo l’Icona sacra, di fattura bizantina, che fu ritrovata sulla spiaggia di Capo Lao sul declinare di secoli contrassegnati da aspre incomprensioni tra Oriente ed Occidente.

IL ROGO CHE NON ARSE LA TELA

Il Promontorio di CapoColonna è stato per secoli un luogo sacro durante varie epoche, dove dimoravano grandi templi tra cui quello dedicato ad Hera Lacinia. Con il subentrare del Cristianesimo in Italia, il culto di Hera Lacinia fu sostituito con quello della Vergine Madre. Il primo giugno del 1519 i contadini del borgo contadino si impossessarono del quadro della Vergine tentando di darlo alle fiamme.

Ma il rogo, nonostante fosse acceso per diverse ore, non riuscì a consumare e a scalfire l’immagine, da cui, narra la leggenda, sprizzarono raggi luminosi. La tela doveva essere distrutta in qualche modo, e i turchi decisero così di portarla a bordo di una galetta facendo rotta verso la foce del fiume Neto. L’imbarcazione rimase bloccata, ripartendo soltanto quando la tela fu gettata in mare, galleggiando sulle onde e adagiandosi sulla riva di un piccolo promontorio di argilla, in località detta Irto.

Don Bernardino Mongelluzzi racconta ancora, dalle fonti pervenute, che fu un vecchio pescatore di nome Agazio Lo Morello a recuperare l’immagine nascondendola dentro una vecchia cassapanca della sua dimora. La nascose per anni, fino a raccontare sul letto di morte al suo confessore del segreto che conservava.

Il resto è storia, è un racconto senza fine che da 500 anni accompagna intere generazioni di crotonesi e che non vedrà mai la parola fine ma continuerà a riempire le pagine della nostra storia con parole che raccontano miracoli, grazie ricevute e preghiere esaudite, con i racconti di nonni e bisnonni che ricordano i vecchi pellegrinaggi che poi non sono tanto diversi da quelli di oggi. Sì, perché quello che più affascina, emoziona e commuove, è il passare del tempo che non scalfisce il culto, che non fa sbiadire la devozione ma che anzi, si arricchisce di nuove percezioni. Non si tratta di mero sentimentalismo, ma di un ardore sincero, naturale, quasi innato, proprio come quello che dall’inizio dei tempi unisce la madre al proprio figlio. E non c’è esempio migliore di questo: Maria di Capo Colonna amorevole e miracolosa madre dei crotonesi.

Nel corso degli anni il culto della Madonna di Capo Colonna acquisisce sempre più importanza e forza tanto che il 12 maggio 1988, con decreto Pontificio, la Madonna di Capocolonna è proclamata Patrona dell’Arcidiocesi di CrotoneSanta Severina. Nel decreto si legge: «Conferiamo in modo definitivo e perpetuo che la Beata Vergine Maria di Capocolonna, sia presso Dio, la Patrona principale dell’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina con tutti i diritti e i privilegi liturgici che, secondo le rubriche, ne derivano». Un atto che rafforzò quel legame già divenuto indissolubile tra Maria e cittadini del crotonese.

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